Mc 1,14-20
Tutta la liturgia di questa terza domenica del Tempo Ordinario ci aiuta a fissare l'attenzione su due temi: la conversione e la fede che sono interconnessi.
Il desiderio più profondo di Dio è che possiamo stare con lui così come siamo. Da sempre ci ha pensato in comunione e in unità con lui. Spesso ce ne dimentichiamo e preferiamo muoverci come "battitori liberi", come orfani, come chi non ha né Padre, né casa, né un'eredità promessa. Ecco, convertirsi significa ritornare a quell'unione originaria che Dio ha pensato tra lui e noi. Non è semplicemente una questione moralista ma piuttosto esistenziale e spirituale.
È evidente perciò che la conversione è strettamente legata alla fede. Nessuno cambia se non c'è un amore forte e grande che lo smuove. Nessuno lascia le proprie certezze per buttarsi nel vuoto se non c'è una parola chiara che promette qualcosa di più grande e di più bello.
I primi apostoli hanno sperimentato questo ribaltamento: hanno accolto l'invito a stare con il Signore ("seguitemi"), hanno creduto ad una promessa ("vi farò diventare pescatori di uomini") e solo la fiducia riposta in queste parole ha cambiato totalmente la loro vita, lasciandoli apparentemente tali e quali a prima ("pescatori") ma con una novità segreta e gioiosa ("di uomini" e non più di pesci.
Convertirsi per fede significa perciò lasciare la propria "coperta di Linus" per seguire il Maestro e stare con lui, perché lui desidera questo.
E tu cosa desideri? Per chi o per cosa vivi? Per chi o cosa saresti disposto a farti stravolgere l'esistenza?
"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".
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